L’ esperto in Cardiologia spiega che il rischio vascolare viene indotto da fattori che presentano ripercussioni sulla parete arteriosa.
Inizialmente si tratta di lesioni microscopiche della parete che danno luogo a placche ateromatose (infiltrazioni di alcuni tipi di cellule del sangue e di grasso) Questa fase precoce rimane a lungo silente, ed è proprio qui che la prevenzione risulta maggiormente efficace. Con il tempo, il diametro interno dell’arteria si riduce
Questo stadio delle stenosi può essere all’origine di sintomi di natura variabile, a seconda dell’organo in cui è ubicata l’arteria: angina pectoris quando sono le arterie coronarie a esserne interessate, dolori al polpaccio o alla coscia durante la deambulazione quando sono le arterie degli arti inferiori a essere state lesionate, paralisi transitoria quando è la circolazione cerebrale a subirne gli effetti.
A uno stadio più avanzato, si forma un coagulo sanguigno (trombo) che ostruisce l’arteria e che può dare luogo, ad esempio, a un infarto del miocardio (arterie del cuore) o a un’emiplegia se ne è interessata una delle arterie che irrorano il cervello. L’obiettivo della prevenzione primaria è rallentare o impedire lo sviluppo di lesioni arteriose precoci controllando i fattori che le favoriscono (fattori di rischio) o che le accelerano.
La prevenzione secondaria sopraggiunge quando le lesioni arteriose si sono già insediate e implicano dei sintomi, poiché non è ancora troppo tardi per rallentarne l’evoluzione. come si valuta il rischio vascolare? È possibile valutare in modo semplice il rischio vascolare individuale: il sesso maschile e l’età sono di per sé fattori di rischio vascolare, soprattutto se esistono precedenti familiari. Dopo la menopausa, il rischio per le donne si assimila progressivamente a quello per gli uomini.
Oltre a questi fattori di rischio, contro i quali non è possibile lottare, i principali nemici sono: il diabete, l’ipertensione arteriosa, l’eccesso di colesterolo (quello cattivo, il cosiddetto LDL), il tabagismo, l’obesità, la sedentarietà e lo stress. Quanto più sono numerosi questi fattori, tanto più aumenta il pericolo, e i relativi effetti sul rischio non sono aggiuntivi, bensì moltiplicativi.
La valutazione del rischio individuale implica un’indagine dettagliata, affinché il medico possa venire a conoscenza dei precedenti familiari e personali, il rilevamento della pressione arteriosa e del peso, una valutazione sul tabagismo, così come il dosaggio della glicemia a digiuno e dei lipidi nel sangue.
Tale valutazione deve essere eseguita regolarmente e consente di ottenere una quantificazione precisa e dati numerici sul rischio, tramite tabelle a disposizione dei medici. a cardiopatia ischemica, detta anche cardiopatia coronarica o coronaropatia, è caratterizzata da un minor afflusso di sangue al cuore dovuta all’ostruzione o al restringimento delle coronarie (arterie che irrorano il cuore).
È la maggiore responsabile di mortalità nel nostro paese: secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità comporta il 28% dei decessi in Italia. Include l’infarto, l’angina pectoris e la cardiopatia ischemica cronica. L’infarto del miocardio (muscolo cardiaco), conosciuto anche come attacco cardiaco, è un evento acuto.
Si riconosce da un improvviso dolore o fastidio al centro del petto e/o nel braccio sinistro, nelle spalle, nella schiena o nella mandibola. La persona che ne è colpita presenta anche difficoltà a respirare, un senso di stordimento, svenimento, pallore e/o sudore freddo improvviso. In genere nelle donne si ha più frequentemente mancanza di respiro, nausea, vomito e dolore alla schiena o alla mandibola.
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